“Gloria no” di Ruben Coco. L’intervista al cantautore aquilano

redazione

“Gloria no”
è il terzo singolo estratto dall’album di prossima uscita dell’artista aquilano, prodotto e mixato da Etrusko (Luigi Tarquini). Il brano è rimasto nel cassetto per tre anni perché ritenuto “troppo leggero” (è l'unico pezzo del disco che non racconta una storia vera) ma poi è stato selezionato tra tanti proprio per il suo “appeal”. La produzione è stata studiata per sottolineare, con stacchi e improvvise variazioni nell'arrangiamento, i repentini cambi di umore della protagonista (“Gloria no, non è contenta” “Ma stasera ballerà con lui o con lei fino all'alba”). La canzone è la versione moderna e fisica della storia cantata da Lucio Battisti in “Anche per te”, con le parole di Mogol; infatti, anche se con una narrazione più leggera, racconta i sacrifici, le gioie e i dolori di una madre single.
 
Ciao Ruben, come stai vivendo l’uscita del singolo?
L’uscita di un singolo è sempre motivo di eccitazione. Ricevere messaggi che mi fanno capire di aver colto nel centro, è sempre molto soddisfacente
 
Raccontaci la genesi del nuovo brano “Gloria no”: dal sound alla tematica
Gloria no, è l’unico brano che non parla strettamente di me e soprattutto non è una storia vera. Ho deciso di parlare di una donna che, diventata grande da piccola decide una sera di riprendersi tutto quello che si era perso. Lo fa con leggerezza (non superficialità) ma anche con un briciolo di incoscienza e malinconia. Questo brano non parla di nessuno ma, secondo me, c’è una Gloria in tutti noi.
Per il sound mi sono affidato a Etrusko (Luigi Tarquini) e Phonez (Federico Fontana), con i quali ho lavorato all’intero Ep in uscita a Settembre.
È il brano “più dance” dell’album, un’anima di drum machine sulla quale non mancano le chitarre elettriche che ne anticipano ogni volta il ritornello.
 
Come ti sei avvicinato allo stile musicale a cui siamo abituati a sentirti? Quali sono i tuoi artisti di riferimento?
Il mio modo di scrivere prima del 2018 era molto lontano da quello che siete abituati ad ascoltare adesso. Era un sound prettamente acustico e nelle mie canzoni non affrontavo mai la mia vita ma gli giravo alla larga. Per “cambiare genere” ho azzerato ogni tipo di pregiudizio ed ho cominciato ad ascoltare qualsiasi cosa e soprattutto artisti che, a causa di una mia visione miope, avevo sempre sottovalutato. Ho scoperto grande qualità anche nell’indiepop italiano dal quale ho preso molto senza perdere la mia identità. È stato un lavoro molto duro ma pieno di soddisfazione e spero (e anche credo) di aver creato qualcosa di carino.
 
Quali le maggiori difficoltà che hai affrontato negli anni per emergere nell'ambito musicale?
Mah, oltre a tutte le difficoltà oggettive alle quali tutti noi artisti siamo sottoposti, ce ne sono molte soggettive che non bisogna mai sottovalutare. Non sempre è “colpa” degli altri (se così ci può dire), a volte siamo noi ad auto-sabotarci. Si ha anche la “paura di emergere”, perché da lì in poi non ci sono più scuse, bisogna far vedere quello che si è veramente e non è sempre facile da reggere. Ora però sono certo di voler dire tutto e credo di essere ancora in tempo.
 
Il tuo sogno nel cassetto?
Riuscire a vivere degnamente con il mio lavoro da cantautore
 
Quali sono i prossimi obiettivi?
Un album a settembre e spero tantissimi live (che sono la cosa più bella di questo lavoro)

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