Tommaso Sangiorgi racconta “Se tu fossi qui” e il viaggio emozionale dietro al singolo

redazione

"Se tu fossi qui" è il secondo singolo di Tommaso Sangiorgi, che continua il suo percorso musicale con un brano che esplora le sfumature del dolore, della nostalgia e, in un certo senso, della guarigione. Nel corso dell'intervista, il cantautore racconta come il singolo sia nato da una serie di emozioni forti, tra cui il rifiuto amoroso, e di come la musica sia diventata la sua terapia personale.

Come stai vivendo l’uscita del singolo?
La sto vivendo molto bene. Se tu fossi qui è una canzone che sta piacendo tantissimo, e questo mi emoziona ogni giorno. Addirittura, mi capita di essere fermato per strada — ad esempio a Ravenna — da persone che vogliono farmi i complimenti. Non nascondo che la cosa mi imbarazza un po’, ma allo stesso tempo mi rende profondamente felice. È incredibile pensare che una canzone nata in uno spazio così intimo come la mia tavernetta — che è il mio rifugio creativo — riesca a uscire da lì e toccare le persone. Questa risposta del pubblico mi riempie davvero di gioia.

Raccontaci la genesi del nuovo brano: dal sound alla tematica.
Il brano è stato prodotto da Romolo Peluso. Ogni volta che ci mettiamo a creare qualcosa, non partiamo mai con un’idea precisa del sound. Non ci diciamo “facciamolo così o cosà”: semplicemente ci sediamo, ci ascoltiamo e lasciamo che siano le emozioni del momento a guidarci. Di solito quello che abbiamo vissuto nei giorni precedenti ha lasciato dentro di noi un impatto emotivo, e da lì inizia tutto: io comincio a scrivere, e Romolo mi segue creando la musica attorno a ciò che nasce.
A volte quello che viene fuori è un pop/indie italiano, che prende ispirazione dal cantautorato classico; altre volte invece nasce qualcosa di più particolare, con un sound meno prevedibile ma molto sincero. In questo caso, Romolo aveva fatto questo giro armonico bellissimo, e io, d’istinto, ho cominciato a scrivere. Nei giorni prima avevo vissuto una situazione emotivamente forte: una friendzone, ricevuta dopo aver confessato i miei sentimenti a una mia amica. Oltre al rifiuto amoroso, si è incrinato anche il legame d’amicizia, ed è stato un colpo doppio.
Quel dolore, come spesso mi accade, l’ho trasformato in parole. Scrivere per me è terapeutico: ho bisogno di mettere nero su bianco ciò che sento, per poi trasformare quell’inchiostro in musica.
Se tu fossi qui parla proprio di quella nostalgia, della malinconia per ciò che è stato e per tutto quello che non sono riuscito a dire. Ma non è solo una canzone triste: in certi punti c’è anche dell’ironia, un modo per alleggerire il peso di quella ferita, per provare a sorridere anche del dolore. È un piccolo supporto psicologico che ho dato a me stesso — e che spero possa arrivare anche a chi ascolta.

Come ti sei avvicinato allo stile musicale a cui siamo abituati a sentirti? Quali sono i tuoi artisti di riferimento?
Mi sono avvicinato a questo stile musicale grazie soprattutto a mia madre. Fin da quando ero piccolo – e ancora oggi – mi fa ascoltare tantissima musica dei suoi anni, quindi ho assorbito moltissimo da quel mondo. Dal punto di vista testuale, i miei riferimenti principali sono artisti come Lucio Dalla e Lucio Battisti, che hanno avuto un impatto enorme sul mio modo di scrivere e di raccontare le emozioni.
Per quanto riguarda invece il suono, cerco sempre di mescolare quelle radici con qualcosa di più attuale. Mi ispiro molto all’indie italiano contemporaneo: artisti come Calcutta, Gazzelle e tutta quella nuova ondata di cantautorato che riesce a essere diretto, sincero, ma anche moderno. Il mio stile è un po’ un punto d’incontro tra passato e presente.

Quali le maggiori difficoltà che hai affrontato negli anni per emergere nell'ambito musicale?
Ammetto che, nonostante mi sia messo davvero in gioco solo da circa tre anni, qualche difficoltà l’ho incontrata. In particolare, i “no” ricevuti da parte di giudici o talent scout all’inizio sono stati duri da digerire. Però col tempo ho capito che quei rifiuti, oltre a essere inevitabili, sono anche fondamentali. Continuo a riceverne – insieme, per fortuna, anche a qualche “sì” – ma i “no” ti formano: ti spingono a migliorare, a metterti in discussione, a evolvere costantemente.
Ti creano dentro una sorta di fame, un fuoco che ti spinge a voler dimostrare qualcosa, prima di tutto a te stesso. È una motivazione potentissima, che ti porta a lavorare ancora di più, a non accontentarti mai.
Un’altra difficoltà – ma anche una sfida stimolante – è quella della crescita artistica: cercare ogni volta di uscire dai propri cliché, di non ripetersi, di trovare nuove forme, nuove idee. Ogni canzone deve essere un passo avanti rispetto alla precedente. E questa, per me, è una delle cose più belle ma anche più complesse di questo mestiere.

Il tuo sogno nel cassetto?
Il mio sogno nel cassetto è, certo, riuscire a trasformare la musica in un vero lavoro. Ma ancora prima di questo, il mio desiderio più profondo è riuscire a emozionare sempre più persone con ciò che scrivo. Se le persone aumentano, è naturale che la musica diventi anche un mestiere, ma la mia priorità resta il contatto umano ed emotivo con chi ascolta.

Quali sono i prossimi obiettivi?
Da un punto di vista artistico, sento dentro una specie di marasma emotivo che mi spinge a scrivere continuamente. È un bisogno quasi fisico, soprattutto in questo periodo, e cerco di trasformare tutto quello che provo in parole e musica.
Sul piano discografico, l’obiettivo è pubblicare tutte le canzoni che ho scritto l’anno scorso, durante un anno che per me è stato una vera e propria clausura musicale. Un periodo molto intenso, in cui ho scritto tantissimo, e ora finalmente quei brani vedranno la luce. Nei prossimi mesi, infatti, usciranno diverse nuove canzoni, tutte nate da quel tempo sospeso.
Per quanto riguarda il live, invece, ho un desiderio fortissimo: riuscire a cantare almeno una canzone alla mia città, Ravenna. Vorrei farlo in uno dei suoi spazi simbolici — che sia la Rocca Brancaleone, il Pala de André o Piazza del Popolo. Anche solo un piccolo momento, ma dedicato alla mia città, sarebbe per me un’emozione enorme.

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