Lingue: “Non ho” è il grido di chi non vuole restare fermo nel passato

redazione

Certezze che svaniscono, maschere che si indossano per resistere, dolori che si affrontano senza restare ancorati al passato. “Non ho”, il nuovo singolo delle Lingue, è una dichiarazione di perdita e consapevolezza, un grido collettivo che anticipa il prossimo lavoro discografico della band. Nel brano si avverte la tensione tra la voglia di rimanere invincibili e la necessità di accettare la vulnerabilità come forma di rinascita.

Tra scrittura condivisa, ironia consapevole e l’urgenza di costruire un linguaggio autentico, le Lingue raccontano un percorso artistico che non teme il confronto con il disincanto. In questa intervista ci parlano del significato di “Non ho”, delle sfide emotive affrontate e di cosa cercano oggi nel loro cammino: non numeri, ma appartenenza.

In “Non ho” gridate la mancanza dello “stare bene”. Qual è stato per voi il momento più difficile da affrontare negli ultimi anni?
Probabilmente fare i conti con la consapevolezza di diventare grandi, vedendo le certezze che si sgretolano e cambiano, reinventarsi per sentirsi vivi.

Pensate che il pubblico sia pronto ad accettare la vulnerabilità nei testi, senza fraintenderla?
Domanda difficile. C’è sicuramente una parte di pubblico che non solo accetta ma ricerca la vulnerabilità, ma questa cosa pensiamo non possa diventare universale e forse è anche bello e giusto che sia così.

Come nasce una canzone come questa: da un’urgenza collettiva o da un’esperienza individuale che poi si condivide?
Nasce da entrambe le situazioni, soprattutto con la scrittura di questo disco stiamo cercando di fondere il più possibile i nostri bisogni, andando a scavarci dentro anche reciprocamente.
È un lavoro a tratti più tortuoso e difficile ma sicuramente più avvolgente in un discorso di scrittura collettiva, di intento di unioni e visione di gruppo.

Avete paura che qualcuno confonda l’ironia della maschera con una fuga dalla realtà?
È una paura con la quale facciamo i conti quotidianamente in primis noi, tuttavia questa altalena serve anche tanto da stimolo, a non cambiare per convenienza, a non fuggire appunto, ma sapere che questo rischio c’è ti tiene sull’attenti.

Dopo aver detto a gran voce che “non abbiamo”, cosa sperate invece di ritrovare nel vostro prossimo cammino artistico?
Speriamo di poter ritrovare nelle persone la voglia di appartenere ad un linguaggio, andando a suonare nei posti giusti, senza avere la fobia del numero ma ricercando una qualità tipica degli ambienti che formano quella magnifica storia dell’underground.
Appartenere ad un movimento del genere sempre di più è uno dei nostri obiettivi più grandi.
Grazie mille per la disponibilità e per le domande raga! Ci sentiamo presto <3

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