Un viaggio nella musica con L'Iperuranio

redazione

In questa intervista ci addentreremo nel mondo creativo de L'Iperuranio, scopriremo insieme a lui cosa si nasconde dietro il singolo "L'andirivieni", e ci immergeremo nel suo processo di creazione artistica. Preparatevi per un viaggio nell'universo sonoro di Nicola Bertocchi, a.k.a. L’Iperuranio.
 
"L'andirivieni" è il quarto singolo estratto dal tuo prossimo disco "La Verità è un’altra". Puoi raccontarci di più sul messaggio e l'ispirazione di questa canzone?
Ho composto buona parte del disco durante il lockdown. Sono stato tra i fortunati che quel periodo se l’è vissuto bene. Ho trovato la disciplina che spesso mi manca e ho raccolto le idee, che stavano lì negli anni precedenti e mi sono messo a scrivere. Ho registrato i demo di 13-14 pezzi in tre settimane. Mi sono accorto che stavo togliendomi una marea di sassolini dalle scarpe. Ho quindi deciso di dividere il mio secondo disco in capitoli/tematiche, tirando fuori i miei punti di vista più taglienti. L’andirivieni è il capitolo sulla vita. Il messaggio nascosto fra le righe è che l’umanità si sta sempre più disumanizzando e la cosa non mi piace per niente. Ma nonostante tutto continuo a rigirarmi fra le mie esistenze, le mie incertezze e le mie cazzate...
 
"L'andirivieni" ha un ritornello molto accattivante. Come hai lavorato su questa parte della canzone?
La prima cosa che ho scritto del pezzo è la parte musicale di intro e ritornello. Il giro d’accordi e il tema di pano (che originariamente era di chitarra). Lo ascoltavo in loop e ho improvvisato delle parole. Mi è subito uscito “l’andirivieni…”. Il resto è venuto da sé. Solo poi ho contestualizzato il tutto con le strofe.
 
La tecnologia e l'analfabetismo funzionale sono temi importanti nella canzone. Qual è il tuo punto di vista su questi temi e come li hai incorporati nella musica?
Credo, banalmente, che la tecnologia sia al contempo una grande risorsa e una grande condanna. Io stesso usufruisco della comodità che la tecnologia offre, ne sono consapevole. Grazie ai mezzi di oggi (e degli ultimi 15 anni) sono riuscito a pre-produrre le mie canzoni in casa con grande libertà, dando da subito una direzione ben definita al dove volessi arrivare.
Tuttavia, è evidente quanto il progresso tecnologico stia svuotando il mondo di contenuti. Tutto è sempre più veloce, troppo veloce. L’essere umano non nasce con tutta questa velocità in corpo e i ritmi a cui siamo sottoposti rischiano di farci perdere la nostra umanità, come dicevo prima.
Personalmente me ne sbatto e mi prendo io miei tempi a prescindere.
 
Come descriveresti il sound e il mood del tuo prossimo album "La Verità è un’altra"?
Nessun filtro. A parte quelli applicati alla voce e agli strumenti...
 
La tua musica spesso ha un tocco di ironia. Come riesci a mantenere questo elemento nelle tue canzoni?
Vivo avvolto dall’ironia. Ironizzo su qualsiasi cosa nella vita di tutti i giorni e faccio lo stesso nelle canzoni che scrivo. Anche in quelle più “serie”.
 
Come definiresti l'evoluzione della tua musica e del tuo stile da quando hai iniziato a scrivere canzoni fino ad oggi?
Sono pigro. Mi applico molto poco. Il primo singolo del disco “Fare Domani” ironizzava proprio su questo. Però, dopo tanti anni, sono migliorato anch’io e ora ho molti più mezzi rispetto all’inizio per tirar fuori le cose che voglio mettere in musica. Lo spirito, invece, è esattamente lo stesso che avevo il primo giorno. Scrivere per ispirazione e per nessun altro motivo.
 
Infine, cosa vuoi che i tuoi ascoltatori traggano dalle tue canzoni?
Quello che vogliono. Come si usa dire, una canzone che esce è tua ma diventa di chi l’ascolta. Poi è chiaro che in ogni brano voglio dire qualcosa di preciso e se chi mi ascolta fa lo sforzo di provarci, beh, ne sono molto lieto.
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