C’è una tensione antica e universale che attraversa “Je Nu’ Trovo Pace”, il nuovo singolo di Delio Lambiase: la ricerca ostinata di un senso, di una direzione, di una quiete che vada oltre il rumore del mondo. Il brano, immerso in una spiritualità ruvida e autentica, non è solo una confessione in musica, ma il punto di arrivo di un percorso interiore che l’artista porta avanti da anni.
Lambiase non scrive per creare la riflessione: scrive dopo averla attraversata. Ogni verso è il distillato di domande sedimentate, di intuizioni che hanno trovato forma solo quando erano finalmente mature. È così che “Je Nu’ Trovo Pace” diventa specchio e ponte: specchio per chi vive la stessa inquietudine, ponte verso ascoltatori che riconoscono nel suo canto un desiderio condiviso di uscire dalla “legge della caducità”, come la definisce l’artista.
Nell’intervista che segue, Lambiase riflette su temi che raramente trovano spazio nella musica contemporanea: il valore del Silenzio in un’epoca che corre, l’urgenza di liberarsi dalle programmazioni che ci abitano, la bellezza come ritorno alla propria essenza, la musica non come strumento di risveglio ma come luogo di fratellanza tra anime affini.
“Je Nu’ Trovo Pace” è un brano che non offre risposte pronte, ma invita a rallentare, ad ascoltare, a guardare dentro. Ed è proprio lì – nella parte più vulnerabile e più vera di noi – che Delio Lambiase ci accompagna, passo dopo passo, parola dopo parola.
“Je Nu’ Trovo Pace” invita all’introspezione. Cosa hai scoperto di te stesso scrivendola?
La domanda, in realtà, potrebbe essere “cosa ho scoperto in me prima di scriverla” poiché la scrittura, per me, è sempre una conseguenza, il riflesso in una canzone di una riflessione che già è maturata e si è sedimentata in me. Diciamo che scrivendola ho reso più chiaro a me e a chi mi onora del suo ascolto, ciò che vive in me e che anela ad uscire dalla legge della predatorietà e della caducità che caratterizza questo mondo fin dalle sue fondamenta. Cantandola posso incontrarmi con l’animo di quegli ascoltatori che hanno un cuore sintonizzato su questo stesso desiderio.
Per me, trovare il senso equivale a capire se gli anni in cui viviamo in questo manicomio che chiamiamo terra hanno, appunto, un senso, e se non ce l’hanno, come trovare una possibile via d’uscita. Trovare il senso è smarcarsi, quanto più possibile, da tutte quelle programmazioni che ci abitano, che guidano le nostre esistenze, i nostri pensieri, le nostre azioni, le nostre emozioni e che, in realtà, non ci appartengono e ci tengono lontani dalla nostra vera natura.
Il Silenzio è una dimensione che ha più valore di qualsiasi altro tesoro materiale immaginabile. Ci sono state messe davanti agli occhi delle bende che si chiamano necessità biologiche, egoismo, rumore, divertifici, preoccupazioni, illusioni, drammi, insoddisfazioni, arti di distrazione di massa. E solo nel Silenzio possiamo togliere queste bende ed avere la possibilità di entrare in contatto con noi, osservare dall’esterno il paese dei balocchi e congedarci, in una certa misura, da esso. Nella nostra società, in questi tempi più che in passato, il Silenzio crea disagio, ma nel momento in cui un cuore si infiamma del desiderio della vera Pace, allora esso diventa un ristoro senza pari.
Al di fuori di ogni retorica e frase newage, bellezza e verità si possono trovare solo in se stessi poiché solo in quella parte più vera e autentica di noi la vera bellezza e la verità possono risuonare. Certo, l’esterno può aiutare, ci crea quella cornice in cui è più facile scivolare in sé, quindi, ben vengano, per me, i percorsi che ogni tanto faccio in montagna, le passeggiate che frequentemente faccio su di un molo vicino alla mia città, il contatto quasi giornaliero col il mare e, ovviamente, l’ascolto di un tipo di musica che mi conduca più facilmente a me.
No, penso che nulla possa risvegliare una coscienza se la coscienza stessa di un individuo non sia già desiderosa della risposta delle risposte, non abbia, cioè, già piantato in sé un interrogativo esistenziale. I più vivono senza sentire la sete di questa risposta; questo non è un giudizio di valore ma una riflessione che va al di là della sensibilità e di altre qualità umane: è la semplice constatazione i più seguono la folla, mangiano, vivono, si riproducono, lavorano, cercano successo, qualche divertimento, l’amore in una relazione e stop, si arriva al capolinea e tutto finisce. Alcuni, pochi, invece, hanno l’urgenza di connettersi a Sé, alla Verità e di ritornare alla Casa dell’Origine. La musica non risveglia, tuttavia – e non è poco – può confortare, farci trovare una fratellanza con quelle note, quei suoni, quelle melodie, quelle parole che ci fanno sentire meno stranieri in terra.

