Gae Vinci ci racconta l’album d’esordio “Lonely Ballads”

redazione

“Lonely Ballads”
è il primo album di Gae Vinci composto da dieci brani per una durata complessiva di 55 minuti circa ed è stato composto e registrato a Milano tra il 2020/2022.
 
La prima traccia, “Lonely Ballad”, che dà anche il nome all’intero album, ci introduce alla visione del mondo del produttore, una ballata cupa in un mondo solitario e paranormale, un mondo che però via via con lo scorrere dei brani si illumina della luce di un sole pomeridiano dei primi giorni di primavera, quando il vento non dà più fastidio perché leggermente caldo. “Who Are You Now?” e “Camelie” ne sono la prova, presentano volutamente la stessa struttura, due brani che, se sei in auto o seduto in un parco, ti faranno raggiungere paesaggi lontani dalla realtà. Con i brani “My Favorite Color” e “Angel” si intuisce il debole di Gae Vinci per la musica folk: mescolano entrambi elementi come la chitarra acustica, mentre la prima è una ballata romantica, la seconda è declinata a sonorità più cupe.
Con la traccia, “Summer Is Too Long”, cambia il sound, un treno che sfreccia dritto per sei minuti con atmosfere shoegaze dei primi anni Novanta, seguito dall’interludio di “Vision Of Doom” che sembra quasi un omaggio a Robin Guthrie.
Infine, non ancora perfettamente coscienti se siamo in un sogno o nella realtà, arriva il brano “All The Times”, che ci offusca i sensi come quando beviamo un drink di troppo.
Sembra aver dimenticato gli amplificatori accesi, ma la verità è che anche il rumore ha una sua bellezza… così inizia “You’ve Come A Long Way Baby…” un viaggio di 10 minuti con un'esplosione finale che ci porta al brano che chiude l’album, ovvero “Ashes”, il perfetto anello di congiunzione con il pezzo d’apertura del disco, la stessa pasta sonora, lo stesso mood che quasi ci confonde tra inizio e fine, non fornendo mai tutte le informazioni necessarie che spetta all’ascoltatore di costruire.
 
 

Come stai vivendo l’uscita dell'album “Lonely Ballads”?
Paradossalmente sto lavorando parecchio anche più di prima non più nella produzione ma nella promozione. Sono sereno e fiducioso, ma so che c’è molto ancora su cui lavorare
 
Quali influenze musicali troviamo in questo disco?
È palese il mio amore per il dream pop dei Cocteau Twins o per il folk/psychedelic degli Opal/ Mazzy Star, così come lo shoegaze degli Slowdive o My Bloody Valentine e anche l’elettronica del nord europa di Trentemøller e TOM and his computer. Il tutto incorniciato da un’atmosfera lynchana. David Lynch è uno dei miei artisti preferiti.
 
Quale è il filo conduttore che lega i pezzi?
Dopo aver ascoltato ripetutamente più volte il disco, mi sento di dire che il filo che collega tutti i brani è un forte senso di solitudine, accompagnato ovviamente da sfumature malinconiche e sonorità dal gusto nostalgico.
 
Come descriveresti il lavoro e il processo creativo che hanno portato alla realizzazione di questo album?
L’idea iniziale di Lonely Ballads non era un album, lo è diventato man mano che producevo sempre più brani. Inizialmente doveva essere un ep, alla fine è diventato un album
 
Tre dischi che non possono mancare nella tua valigia?
Non riesco mai a rispondere a questo tipo di domande, ti rispondo con tre generi musicali:
Post Punk, Dream Pop, Shoegaze
Ascolto molto i classici dischi di questi generi.
 
Quali sono i prossimi obiettivi?
Abbiamo iniziato da poco le prove con la band, l’idea è di portare in giro l’album live, così stiamo lavorando senza trascurare nessun dettaglio.
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